In questa antica cittadina nel cuore della Valle del Fortore, si tramanda la leggenda di Maria la Rossa, la janara, e della strega Coletta che trovò la morte per mano dei contadini a causa di un incantesimo malefico.
Michele Caserio, il custode di Palazzo Lembo, ha condiviso con noi il racconto di questo piccolo villaggio, unico in Italia per essere noto come il luogo di nascita della scuola di arti magiche, suscitando la curiosità di visitatori desiderosi di conoscere tali misteri. Le valli incantate e le montagne remote, che conservano ancora il loro alone di mistero, sono sempre più al centro dell’attenzione turistica legata ai percorsi delle streghe. Musei, mostre, eventi e visite guidate stanno proliferando in tutta Italia, svelando così le radici millenarie di questi luoghi…
La Storia
A San Bartolomeo, Maria, alta e dai capelli rame, veniva vista come una janara e si diceva che non avrebbe mai trovato marito. Nonostante le sembianze che richiamavano quelle di una strega, Maria si innamorò di Leonardo, un giovane proveniente da Baselice, che conobbe alla fiera del bestiame di Lucera. I due si sposarono e si trasferirono nel piccolo borgo nella Valle del Fortore. Maria aveva il dono di preparare pozioni curative, e così decise di condividere la sua arte magica con il paese, creando una vera e propria scuola di stregoneria. Da allora, un numero crescente di donne cominciò ad affluire a Baselice. La scuola era situata in un luogo impervio, sul Toppo delle Fate, inaccessibile persino agli abitanti del luogo: qui venivano insegnate le ricette per unguenti, filtri e intrugli.
Tra le allieve di Maria c’era anche Coletta, una donna malvagia e astuta. Qui la leggenda si intreccia con un fatto realmente accaduto: Coletta chiedeva elemosina ai contadini che lavoravano nei campi, giorno e notte. Un giorno, un contadino, stanco delle continue richieste, le negò il cibo, scatenando così l’ira della strega, che gettò un incantesimo sul suo bambino. Il piccolo si svegliò con la testa e la schiena completamente contorte. La paura fu così grande che si organizzò una spedizione punitiva, che portò alla morte di Coletta. Tutto il paese fu sollevato, pensando che finalmente fosse andata via. Tuttavia, il cane di un cacciatore fiutò qualcosa nella zona di Ripa di Troia, nella parte bassa del paese, dove furono scoperti i resti della strega in tre diverse grotte. Seguì un processo e gli assassini furono condannati a trent’anni di carcere.
Nel frattempo, Maria continuava a gestire la sua scuola di stregoneria. Un mattino, lasciò il suo rifugio per annunciare in piazza che avrebbe compiuto un incantesimo su se stessa. Ingerì una pozione che la fece morire solo apparentemente. Le sue discepole la portarono via, ma dopo due giorni, la sua risata risuonò nuovamente per le strade di Baselice: era tornata più giovane e più bella di prima, dimostrando così di poter ingannare la morte. La sua scuola di stregoneria continuò a prosperare.
Questa è la storia che ancor oggi viene tramandata a Baselice per mantenere viva la magia e il mistero. Raccontata da Antonello Santagata e condivisa con i visitatori da Michele Caserio, responsabile di Palazzo Lembo, una delle gemme storiche e architettoniche della Campania che domina il borgo di Baselice, anch’esso coinvolto in un fenomeno paranormale: si crede che le stanze e i corridoi del palazzo siano frequentati dal fantasma di Clementina Lembo, nobildonna che avrebbe posto fine ai suoi giorni gettandosi nel pozzo di quell’incantevole edificio, perché la sua famiglia voleva tenerla lontana dall’amato Antonio.
Le Janare di Baselice
Quello che resta di tutte queste straordinarie storie sono i luoghi in cui le janare si riunivano per i loro sabba intorno al fuoco. Baselice è l’unico piccolo comune in Italia noto per la scuola di stregoneria di Maria la Rossa, e sembra che tutto si sia fermato in quel mistico periodo medievale.
La provincia di Benevento è la patria delle streghe, oggetto di studio e meta di visita. Nell’Irpinia, invece, si trova lo stretto di Barba, un triangolo formato dalla Cappella della Madonna della Pietà, dalla Chiesa di San Bernardino e dalla Cappella di Maria Santissima di Montevergine. Qui, il fiume Sabato crea anse, incavi e rocce, probabilmente il luogo in cui si trovava l’antico noce attorno al quale le janare si radunavano per celebrare rituali e balli sfrenati. Le chiese cristiane sorgevano qui in opposizione alla pratica della stregoneria. (Potete trovare la ricerca completa qui).
Le valli incantate e le montagne isolate, che conservano ancora il loro alone di mistero, stanno diventando sempre più protagoniste di un turismo legato ai suggestivi percorsi delle streghe, che abbraccia storia, arte e leggenda. Musei, monumenti, mostre, eventi, spettacoli e visite guidate stanno proliferando in tutta Italia. Così, intorno a nomi enigmatici, al malocchio, alle evocazioni del maligno, alle jatture, alle pozioni d’amore e alle formule guaritrici, ai gatti neri e alle scope, emergono le antiche radici di questi borghi.
Come ci spiega Michele Caserio, che da dieci anni promuove il mito della janara a Baselice: “Le persone che visitano questa zona sono principalmente turisti appassionati, alla ricerca di esperienze autentiche e viaggi lenti. Sono anche curiosi di scoprire le origini della scuola di stregoneria. Potrebbe essere questo il futuro del turismo nella Valle del Fortore, insieme alle produzioni tipiche del territorio, come il vino moscato, alla natura, ai paesaggi e agli edifici storici. È un modo per arricchire le visite con atmosfere suggestive, creare ricordi e legarci a un mistero che ci appartiene e ci definisce”.
Alla fine, come scriveva il compositore Modest Petrovič Musorgskij nel 1867, “La notte di San Giovanni sul Monte Calvo” rappresenta lo scontro tra il bene e il male, il contrasto tra il giorno e la notte, dall’assemblea delle streghe al corteo di Satana, fino alla messa nera e all’arrivo dell’alba che, con il suono delle campane, fa ritornare le janare a nascondersi tra gli anfratti della montagna.
In fondo, è solo un altro modo per consolidare un legame viscerale con le nostre radici, un richiamo ancestrale alla terra e alla luna che la sovrasta, un’invocazione alla natura e alla vita, un rito antico che auspica e libera.