Due gruppi marginalizzati della società si trovano a condividere sfide simili, affrontando le prove e le tribolazioni imposte da una cultura eteronormativa.
Nel corso della storia, la stregoneria, al di là delle rappresentazioni fantastiche di affascinanti fate o di streghe malvagie, è diventata un tema delicato e spesso frainteso.
Lo stigma negativo associato alla stregoneria, spesso descritta in termini malvagi o diabolici, è fin troppo comune; tuttavia, chi non conosce a fondo questa pratica o si ferma alle apparenze, tende a ignorare il vero potere e significato che la magia ha per molte persone trans, non conformi al genere o genderqueer che la praticano.
In sostanza, la stregoneria è un’arte o una credenza che si fonda sulla connessione con l’ambiente e con se stessi. Ma cosa rende questi valori fondamentali così affini a quelli della comunità LGBTQ+, e in particolare delle persone genderqueer? La stregoneria è profondamente radicata nella guarigione, nella ribellione contro la norma patriarcale e nell’affermazione della propria autentica identità. Ti suona familiare?
L’identità di genere, che sia transgender, non binaria o altro, ha acquisito una rilevanza significativa nell’era moderna come espressione di una comunità che vive “controcorrente”, trovando conforto e solidarietà in un contesto che sfida le convenzioni della società.
In un certo senso, le comunità queer, in cui queste persone si sentono più a loro agio, possono essere viste come delle congreghe, dove ciascuno trova forza nei propri nomi, nelle proprie espressioni… e magari in un sussulto di frustrazione quando una mente chiusa tenta, invano, di sminuirle.
Ma queste forme di espressione non sono certo una novità. La stregoneria e le identità trans e queer esistono da secoli, persino millenni, prima ancora che esistessero le parole per definirle.
La magia, distinta dalla prestidigitazione con l’uso della “k”, è una componente fondamentale del paganesimo in molte culture. La magia e la stregoneria precedono l’influenza dominante del cristianesimo, e – forse ti sorprenderà – anche i generi che esulano dal binarismo eteronormativo esistono da molto tempo!
Nell’antica Grecia, un gruppo di seguaci noto come i Galli, composto principalmente da uomini, venerava la dea Cibele, madre degli dèi. Questi seguaci spesso indossavano abiti femminili, si arricciavano i capelli, si depilavano le gambe e alcuni si castravano in nome del culto. E non solo: la stessa Cibele era intersessuale! Anche gli dèi non erano vincolati dai rigidi valori di genere.
Oltre alle fiabe sugli incantesimi che trasformano qualcuno in pietra, la magia è utilizzata in diversi aspetti della vita quotidiana; molte streghe, indipendentemente dal nome specifico utilizzato, si dedicano a rituali di magia d’amore e di guarigione.
La magia curativa, come suggerisce il termine, è impiegata per guarire e connettere chi la pratica e coloro per cui si prega o si opera. Molte di queste streghe e praticanti sono queer, e l’uso della magia curativa diventa un modo per trovare forza durante il percorso di transizione.
La sfida contro l’eteronormatività ha radici nella paura e nel desiderio di dominio, con la volontà di controllare la magia per appropriarsene del potere. Negli anni ’60, il movimento WITCH (Conspiracy International Terrorist from Hell), nacque per sfidare e sovvertire il giudizio patriarcale dell’epoca; ancora oggi esiste, lottando per i diritti LGBTQ+.
Così come per la comunità transgender e genderqueer, non esiste un unico modo giusto per essere una strega; non si tratta solo di possedere cristalli, candele o un altare perfetto per pregare e praticare. Esistono infinite esperienze, divinità, luoghi e distinzioni all’interno della stregoneria, che sia Wicca, Swynwraig, strega o altro, da esplorare, credere e vivere.
Lo stesso vale per la tua identità di genere: interventi chirurgici, abbigliamento ed espressione sono solo parti della ricerca e dell’espressione del proprio genere. Spetta all’individuo, alle sue esperienze e al suo viaggio verso l’autenticità decidere il proprio posto nel mondo, ed è proprio questo a renderlo magico.